Estia notò un insolito particolare sul lato destro della cornice.
Un impercettibile foglia d’amianto sembrava vivere sul dipinto.
Intorno a lei sostavano centinaia di persone, le cui maschere, rigorosamente asciutte, parevano essere affrescate da un’intera vita.
Si avvicinò con la curiosità di un bambino, e guardò il decoro che delimitava con cura l’opera arte.
Senza accorgersene, però, vi cadde dentro.
Giunse sull’isola, località in cui dimoravano esseri senza vita, i cosiddetti viventi che in realtà, tuttavia, non vivono.
Si avvicinò a uno di essi, subito dopo aver percepito la singolarità più drammatica che avesse mai potuto provare, sfiorando con la punta del piede un oceano sintetico.
La sabbia, di un grigio ardesia, rifiutava le impronte di chi ne fissava i ricordi. Bisognava tuffarsi per evitare di ascoltare i lamenti di una terra arida, priva di conforto, oppure, per i più audaci, lasciarsi attraversare da quelle urla.
La donna indicò la superficie, e uno degli abitanti, immune alla vita, apparse alle sue spalle, con il volto d’un uomo capace soltanto di replicare in eterno la menzogna della sua patria.
«La ragione», disse «Qualcuno la chiamava ragione».
Sulla destra i pensieri si facevano il bagno, immergendosi di continuo. A volte guardavano verso la riva, come rassegnati all’idea di poterci approdare.
Estia chiuse gli occhi.
Desiderò sorseggiare la sua terra, nonostante questa l’avesse respinta in ogni istante.
Preferì convivere con l’infelicità minima di cui conosceva i difetti, piuttosto che con quell’ignoto dolore.
Si sfregò lo sguardo.
La foglia era ancora lì, tra i vistosi costumi di scena.
Estia era stata l’unica a tuffarsi, la sola ad aver mostrato la sua maschera nuda.
Sorrise, e lo fece nella sua riva, apparentemente abbandonata da un’eternità.
Tornò verso casa, e rincorse il treno.
Guardò a terra, però, prima di accedervi; senza accorgersene, e con l’ironia sul volto, vide l’acqua sfiorare la punta dei suoi piedi.
Piedi che adesso, sostavano nel mondo; in un oceano dalle autentiche impressioni.

[Illustrazione di Charlie Davoli, l’artista a cui si deve sopratutto l’ispirazione per questo breve viaggio poetico].