Il pittore del silenzio

S’incontrarono su una piccola scogliera del sud,

affascinati entrambi dal linguaggio del vento.

 

Lui, fondatore del silenzio, era solito guardare verso il mare, e con un lieve gesto percorrere la linea d’orizzonte.

 

Lei, ammiratrice del sole, mirava invece al tramonto, a cui pareva aspirare quando ne ricalcava i contorni.

 

Si rivolsero lo sguardo, come due specchi sfibrati accolti dalla stessa luce.

 

La donna, indebolita dal tepore, si scoloriva ad ogni passo.

 

L’uomo allora prese il colore,

si abbandonò al presente,

regalò il futuro

e le tinse l’anima.

 

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La fortezza dello squilibrio

Resterò ad osservare

le mie nuvole

tramutare in dense

fortezze.

 

Attenderò il sole

per danzare

in una polvere

di speranze.

 

E infine,

tra il buio del

castello,

e la solitudine dell’illusione,

prenderò dimora

nel coraggio.

 

Remerò fino

alla morte,

e raggiungerò

la vita.

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[Salvador Dalì Reminiscenza archeologica dell’Angelus di Millet]

L’anima in immersione

Estia notò un insolito particolare sul lato destro della cornice.

Un impercettibile foglia d’amianto sembrava vivere sul dipinto.

Intorno a lei sostavano centinaia di persone, le cui maschere, rigorosamente asciutte, parevano essere affrescate da un’intera vita.

Si avvicinò con la curiosità di un bambino, e guardò il decoro che delimitava con cura l’opera arte.

Senza accorgersene, però, vi cadde dentro.

 

 

Giunse sull’isola, località in cui dimoravano esseri senza vita, i cosiddetti viventi che in realtà, tuttavia, non vivono.

Si avvicinò a uno di essi, subito dopo aver percepito la singolarità più drammatica che avesse mai potuto provare, sfiorando con la punta del piede un oceano sintetico.

La sabbia, di un grigio ardesia, rifiutava le impronte di chi ne fissava i ricordi. Bisognava tuffarsi per evitare di ascoltare i lamenti di una terra arida, priva di conforto, oppure, per i più audaci, lasciarsi attraversare da quelle urla.

La donna indicò la superficie, e uno degli abitanti, immune alla vita, apparse alle sue spalle, con il volto d’un uomo capace soltanto di replicare in eterno la menzogna della sua patria.

«La ragione», disse «Qualcuno la chiamava ragione».

Sulla destra i pensieri si facevano il bagno, immergendosi di continuo. A volte guardavano verso la riva, come rassegnati all’idea di poterci approdare.

Estia chiuse gli occhi.

Desiderò sorseggiare la sua terra, nonostante questa l’avesse respinta in ogni istante.

Preferì convivere con l’infelicità minima di cui conosceva i difetti, piuttosto che con quell’ignoto dolore.

Si sfregò lo sguardo.
 
 

 

La foglia era ancora lì, tra i vistosi costumi di scena.

Estia era stata l’unica a tuffarsi, la sola ad aver mostrato la sua maschera nuda.

Sorrise, e lo fece nella sua riva, apparentemente abbandonata da un’eternità.

Tornò verso casa, e rincorse il treno.

Guardò a terra, però, prima di accedervi; senza accorgersene, e con l’ironia sul volto, vide l’acqua sfiorare la punta dei suoi piedi.

Piedi che adesso, sostavano nel mondo; in un oceano dalle autentiche impressioni.

 

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[Illustrazione di Charlie Davoli, l’artista a cui si deve sopratutto l’ispirazione per questo breve viaggio poetico].

 

Il lupo e l’alba del suo divenire

{Il lupo e l’alba del suo divenire}


Si svegliò, dopo aver notato che altri giovani, intorno a lui, avevano il volto verso il cielo e gli occhi serrati.

Nel disordine di un istante

 tentò di disincantarli,

agitando l’anima come un folle.

 

Questi, senza alcuna esigenza di ricorrere allo sguardo, gli posero rapidamente la mano sul cuore.

Iniziò a notare i suoi battiti allacciarsi a qualcosa di sconfinato: una melodia tanto morbida, quanto inesauribile, scorreva nelle loro armature.

Si guardò attorno; ognuno di essi, sprovvisto di una maschera, era rivestito da un vapore brillante.

Con la stessa fragilità con cui avevano accarezzato il suo cuore, cominciò allora a distendere le mani, pronto a esercitare lo stesso gesto verso il respiro di qualcun altro.

 

 

Amabilmente, sorrise.

Il vapore iniziò a scorrere sul corpo, e un sottile velo di colore gli tinse il corpo.

Iniziò a inseguire la musica che gradualmente colmava il suo spirito, lo stesso canto che in origine aveva raggiunto tutti.

 

Chiuse gli occhi,

alzò il volto

e divenne lupo.

 

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[Dedicato a coloro che sanno, a chi comprende l’insolita suggestione della musica, la collisione con la poesia, e sopratutto, l’intreccio tra anime.]

L’umano che danzava tra illusione e realtà

«L’umano che danzava tra illusione e realtà»

[Introduzione]
Vi presento una storia composta da 9 capitoli differenti che mirano, attraverso la forza delle suggestioni, al concetto di fragilità umana.
Questa, si ispira ad “Umano, primo disco da solista del cantautore e compositore Ermal Metaripercorrendo gradualmente ogni brano.

 

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Tra i labirinti del tempo

C’è chi usa il mondo come un contenitore, seminando ogni emozione, e aspettando che fiorisca.

Ognuna di esse, lentamente, sembra mutare mentre si osserva, come fosse un giovane che abbandona le sue disarmate vesti per indossare un nuovo tipo di eleganza.

Diviene un luogo colmo di aspettative, un intreccio di timori e briciole di onore.

Si può marciare senza voltarsi, e soprattutto sorridere, senza il sospetto di un respiro infranto.

E ogni uomo, ormai dischiuso tra i labirinti del tempo, è lì a guardare il suo giardino, pronto a interrare altre forme di speranza.

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Elogio a Bernard Marx

[Ispirato a Bernard Marx, da «​Il mondo nuovo​»​ di Aldous Huxley]

Era lì che abitava, in quel leggero libro posato sulle gambe, in quel mondo fantascientifico di cui non avevo visto nulla, ed io non conoscevo la sua identità.

Cosi, iniziai a esplorare.

Atterrai nel nuovo mondo, intorno a tutti loro, sentendomi già parte di un’umana stabilità, di una società senza difetti, ma al tempo stesso, senza coscienza.

Capitolo IV

Sbattei le palpebre.

Un uomo piccolo, come descritto, ma dopo ogni capitolo, sempre più grande.

Un individuo incosciente della sua meravigliosa individualità.

La sua essenzialità​ sembrava divorarmi ad ogni verso, era come osservarla tra le pagine.
La solitudine, purtroppo, lo accompagnava in ogni istante, e lui era consapevole di averla accanto.

Bernard Marx, nella sua complessa e brillante caverna di pensieri, mi regala speranza. Si dissocia dagli altri, perché per un «​errore»​ lui è ancora vero.

Conosce l’illusione che lo circonda, ma sa di dover mantenere l’ordine, si tiene in equilibrio sull’incomprensione che suscita in chi è illusorio.
E nel suo equilibrio, è un essere del tutto squilibrato.

Ma la libertà la conosce bene, Bernard. E’ sempre lì davanti, anche quando ad offuscarlo c’è la malinconia.

«E tu, non desideri essere libera?»

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Autentiche impressioni

Si mostrano, di fronte a me, due anziani signori.
Hanno spalle sfibrate, e appaiono come colti da un lieve senso di estraneità.
Lui la osserva, le stringe il braccio, svigorendole ancor di più la pelle, e immediatamente è malinconia.

«Ti ricordi?» ​

Nessuna parola, neppure un suono riesce a travolgerla.
Il silenzio si disperde.

Uno sguardo allora s’inoltra nella scena. E’ un autentico e immediato scambio di immagini.
La sommerge interamente.

Così, quella sua bellezza resta in un volto ondulato, ed è proprio li, a trascinarmi via.

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Dipinto di Inan Aksoy

Reti di smarrimento

Accediamo tutti, prima o poi, a una realtà chiamata mondo.
Un paesaggio vasto e desolato, tinto di speranze e di innocenti aspettative.

Siamo lì, con le mani oscillanti, trasportati da un vortice di formale smarrimento.
Una realtà dove ognuno di noi riesce ad apparire, pur nascondendosi.

Chi non emerge, infatti, è comunque osservato e catalogato come essere, pur vivendo naturalmente come un essere celato.

E’ come un mondo di piccole strade collegate a vie intermedie, e a ognuno di noi è chiesto di spostarsi giorno dopo giorno. Una rete che ci cattura ad ogni impronta.

A volte poi si sbaglia strada, si tenta di sfuggire alla successiva, ma ne è inevitabile l’incontro.
Ogni uomo si dimentica spesso una via ormai lontana, pur mantenendone il sorriso regalato da chi vi abitava.

E in questo piccolo ma ingente mondo di strade, incontri e confronti, mai nessuno è poi cosi tanto attento nel memorizzarne i colori.

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Golconda (1953) – René Magritte

Il lieve contraddirsi

E’come un ossessione, il lieve contraddirsi.

C’è chi vuole danzare tra i riflessi di una casa di vetro, chi aspira a diffondere un suono attraverso un palco.
E’ un ambire a una realtà più accogliente, un attesa per un soggiorno in una caverna di parole già prescritte.

Eppure si resta fermi.

Ci si rinchiude in quattro pareti d’inganno, ci si siede a bocca chiusa, con il terrore che uno sguardo possa incrociare il nostro timore.

Conviene contraddirsi, per saper catturare ogni differenza.

A volte è come aderire alle illusioni senza prenderne dimora.

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[Salvador Dalí, Fiori surrealisti – 1938]